In un contesto economico in cui il sistema pensionistico pubblico appare sempre meno in grado di garantire una pensione adeguata, pensare per tempo a una previdenza complementare è diventato fondamentale. Tra le soluzioni disponibili, i fondi pensione – aperti o chiusi – rappresentano uno degli strumenti più diffusi e apprezzati per costruire un'integrazione futura al reddito da lavoro.
Tuttavia, molti lavoratori si trovano di fronte a una domanda apparentemente semplice ma essenziale: meglio un fondo pensione aperto o uno chiuso? In questo articolo ti aiutiamo a comprendere le differenze, i vantaggi e i limiti di ciascuna opzione, per scegliere con maggiore consapevolezza lo strumento più adatto alle tue esigenze.
Un fondo pensione chiuso – o fondo negoziale – è una forma pensionistica complementare riservata a determinate categorie di lavoratori, solitamente legate da contratti collettivi nazionali o accordi aziendali. È il caso, ad esempio, del fondo Cometa per i metalmeccanici, Fonchim per il settore chimico, o Prevedi per l’edilizia.
L’adesione è su base volontaria, ma subordinata al fatto di appartenere alla categoria professionale specifica. In alcuni casi, il datore di lavoro contribuisce con una quota aggiuntiva al fondo, aumentando il vantaggio per il lavoratore.
Il fondo pensione aperto è un prodotto proposto da banche, assicurazioni o società di gestione del risparmio (SGR), accessibile a chiunque, indipendentemente dal settore lavorativo o dal contratto. Può essere sottoscritto individualmente o tramite un’adesione collettiva (in azienda o nella Pubblica Amministrazione).
Questa formula è più flessibile, poiché non richiede alcun legame con una categoria professionale, e permette al sottoscrittore di scegliere tra diversi comparti di investimento a seconda del proprio profilo di rischio.
La prima grande differenza riguarda l’accessibilità: il fondo chiuso è vincolato all’appartenenza a una categoria, mentre il fondo aperto è libero e accessibile a tutti.
La seconda differenza riguarda i costi di gestione: generalmente, i fondi chiusi applicano commissioni più basse, grazie alla loro natura no-profit e alla gestione collettiva. Tuttavia, non sempre la differenza è significativa, e molti fondi aperti oggi propongono condizioni competitive.
Un’altra distinzione importante è la presenza di un contributo del datore di lavoro: nei fondi chiusi, questo è spesso previsto e rappresenta un vantaggio tangibile, poiché costituisce un vero e proprio “aumento” della pensione futura. Nei fondi aperti, invece, il datore di lavoro non è obbligato a versare nulla, salvo accordi specifici.
Infine, la flessibilità nella gestione è maggiore nei fondi aperti, che consentono all’aderente di scegliere tra diversi comparti (obbligazionario, bilanciato, azionario) e di modificare nel tempo la propria strategia d’investimento.
Non esiste una risposta univoca: la scelta dipende dal tuo profilo personale, professionale e previdenziale.
Se sei un dipendente e appartieni a una categoria che ha un fondo negoziale attivo, aderire al fondo chiuso può essere molto vantaggioso, soprattutto se è previsto il contributo aggiuntivo del datore di lavoro. In questo caso, è spesso la scelta più conveniente in termini di rapporto costo/beneficio.
Se invece sei un lavoratore autonomo, un libero professionista o un dipendente di un’azienda che non ha un fondo chiuso associato, il fondo aperto rappresenta una valida (e in alcuni casi unica) alternativa per costruire una pensione integrativa.
Allo stesso modo, chi cerca maggiore libertà di scelta e diversificazione potrebbe preferire un fondo aperto, anche se ha accesso a un fondo negoziale. In questo caso è importante valutare bene i costi, le performance storiche e la solidità del gestore.
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